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Parafrasi – Canto 2° – Purgatorio – Divina Commedia

Il sole aveva già toccato l’orizzonte il cui cerchio meridiano sovrasta col suo punto più alto (lo zenit) Gerusalemme; e la notte, che ruota intorno alla terra agli antipodi del sole, sorgeva dal Gange, nella costellazione della Libra (con le Bilance: durante l’equinozio di primavera, quando il sole è nella costellazione dell’Ariete), che le cade di mano quando (dopo l’equinozio d’autunno: il sole entra allora nella Libra) supera la durata del giorno (entrando nella costellazione dello Scorpione); in modo che nel purgatorio le gote, prima bianche, poi rosse, della leggiadra Aurora col passare del tempo divenivano gialle. Ci trovavamo ancora lungo la riva del mare, come coloro che meditano sul cammino da percorrere, i quali con l’animo camminano e col corpo stanno fermi. Ed ecco, allo stesso modo in cui mentre si abbassa, tramontando, sulla superficie del mare, il pianeta Marte colora di rosso all’avvicinarsi del mattino, a causa dei densi vapori che lo avvolgono, si palesó ai miei occhi, e tale possa io vederla, nuovamente (allorché, morto, mi troverò ancora una volta sul lido del purgatorio), una luce (il volto dell’angelo nocchiero) avanzante sul mare con tanta celerità, che nessun volo uguaglia il suo movimento. Dopo avere per poco distolto lo sguardo da essa per chiedere schiarimenti a Virgilio, la rividi divenuta più luminosa e più grande. Poi mi apparve ai due lati di essa un bianco di cui non riuscivo a precisare la forma, e sotto, questo bianco (sono le ali dell’angelo) un altro bianco si rese gradatamente manifesto (è la veste dell’angelo). Virgilio si trattenne dal parlare, finché i bianchi apparsi ai lati della luce rosseggiante apparvero essere ali: ma nel momento in cui fu certo di riconoscere il nocchiero, gridò: « Fa in modo di inginocchiarti: ecco l’angelo di Dio: congiungi le mani: da ora in poi vedrai simili ministri di Dio. Vedi che non si serve di strumenti umani, in modo da rifiutare i remi e le vele che non siano le sue ali per percorrere il tragitto tra spiagge così lontane (dalla foce del Tevere, come sarà spiegato nei versi 100-105, al lido del purgatorio). Vedi come le tiene alte verso il cielo, penetrando nell’aria con le penne eterne, le quali non sono sottoposte al cambiamento che il pelo (o le penne) degli esseri destinati a morire subisce ». Poi, nell’avvicinarsi a noi, il santo uccello appariva sempre più luminoso, per cui, da vicino, lo sguardo non ne sostenne lo splendore, ma fui costretto ad abbassarlo; e quello approdò con una navicella rapida e priva di peso, tanto che di essa l’acqua non sommergeva alcuna parte. Il celeste nocchiero stava a poppa, tale che sembrava portare scritta in tutto il suo aspetto la beatitudine; e più di cento anime sedevano nella navicella. Tutti insieme, concordi, cantavano « Quando uscì Israele dall’Egitto » (è l’inizio del Salrno CXIII) con quello che, in quel salmo, segue. Poi fece, rivolto a loro, il segno della santa croce; essi allora si precipitarono tutti sul lido: ed egli se ne andò con la stessa velocità con la quale era venuto. La moltitudine rìmasta sulla riva sembrava ignara del luogo, e guardava intorno come colui che sperimenta cose nuove. Il sole, che aveva messo in fuga con le sue frecce precise (saette conte: presso gli antichi, Apollo, dio dei sole, era arciere infallibile) dal punto più alto del cielo la costellazione dei Capricorno (che, distando 90 gradi da quella dell’Ariete, si trovava allo zenit del meridiano mentre il sole stava sorgendo), scagliava la sua luce in tutte le direzioni, allorché la gente allora arrivata sollevò lo sguardo verso di noi, dicendoci: « Se la conoscete, indicateci la via per raggiungere il monte (del purgatorio) ». E Virgilio rispose: «Voi immaginate forse che conosciamo questo luogo; ma noi siamo forestieri al pari dì voi. Siamo giunti poco prima di voi, attraverso un altro cammino, il quale fu così arduo da percorrere e duro, che la ascesa del monte ci sembrerà da ora innanzi cosa piacevole». Le anime che ‘si resero conto, per il fatto che respiravo, che ero ancora in vita, impallidirono per lo stupore. E come la gente accorre verso un messaggero apportatore di liete notizie per esserne messa a conoscenza, e nessuno rifugge dal far ressa intorno a lui, così tutte quante quelle anime fortunate fissarono il loro sguardo su di me, quasi dimenticando di andare a purificarsi dei loro peccati. Io vidi una di esse uscire dalla schiera per abbracciarmi, con affetto così grande, che mi indusse a fare altrettanto. O ombre inconsistenti, tranne che nell’appírenza! Tre volte congiunsi le mani circondandola, e altrettante volte tornai con esse al mio petto. Nel mio aspetto, credo, si manifestò lo stupore; per questo l’anima sorrise e si trasse indietro, ed io, seguendola, mi spinsi avanti. Con dolcezza mi esortò a fermarmi: riconobbi allora chi era, e la pregai di fermarsi un poco per parlare con me. Mi rispose: « Così come ti volli bene mentre era chiusa nel corpo destinato a morire, così ti voglio bene ora che dal corpo sono libera: perciò mi fermo; ma tu perché percorri (essendo vivo) questo cammino ? » « Casella mio, percorro questo itinerario per essere degno di tornare un’altra volta (dopo la morte) nel punto in cui adesso mi trovo» dissi; « ma perché tanto tempo è stato sottratto alla tua espiazione (perché, essendo morto da tempo, giungi soltanto adesso alla spiaggia del purgatorio) ? Ed egli: « Non mi viene fatto nessun torto, se colui (l’angelo nocchiero) che imbarca le anime che ritiene giusto imbarcare, e lo fa nel Momento da lui ritenuto giusto, mi ha più volte negato questo tragitto, poiché la sua volontà procede da una volontà giusta (quella di Dio): tuttavia da tre mesi a questa parte (cioè dalla promulgazione del giubileo ad opera di Bonifacio VIII, avvenuta nel Natale 1299, alla cui indulgenza poterono partecipare anche le anime in attesa di essere traghettate nell’isola del purgatorio) egli ha imbarcato chiunque ha voluto entrare (nella navicella), senza fare opposizione. Perciò io, che allora volgevo lo sguardo al mare nel quale l’acqua del Tevere (che in esso sfocia) diventa salina, fui da lui benevolmente accolto (nella navicella). Ora egli ha alzato le ali verso quella foce, poiché là si raccolgono sempre tutte le anime non destínate all’inferno». Ed io: « Se una prescrizione propria del purgatorio non ti priva del ricordo dei canti d’amore che solevano placare tutte le mie inquietudini, o della facoltà di intonarli, voglia tu in tal modo confortare un poco la mia anima, la quale, insieme al mio corpo, è tanto stanca per il cammino sin qui percorso (attraverso l’inferno)! » « Amor che ne la mente mi ragiona » cominciò egli allora a cantare così dolcemente, che la dolcezza di questo canto echeggia ancora nel mio animo. Virgilio e io e le anime che erano insieme con lui apparivamo così felici, come se a nessuno di noi un altro pensiero occupasse la mente. Noi tenevamo tutti lo sguardo fisso su di lui e la nostra attenzione era interamente rivolta al suo canto; ed ecco apparire il venerando vecchio (Catone), il quale gridò: « Cosa significa questo, anime pigre ? Che senso ha questa negligenza, questo indugio? Affrettatevi verso il monte per liberarvi della scorza peccaminosa che non consente che Dio vi appaia ». Con la stessa rapidità con la quale i colombi, adunati per il pasto, tranquilli, senza ostentare la solita baldanza (a causa della quale, impettiti, gonfiano il collo), mentre sono intenti a beccare la biada o il loglio, se appare alcunché di cui abbiano timore, all’improvviso si distolgono dal cibo, perché sono sotto l’assillo di una preoccupazione più grande, vidi quella schiera da poco arrivata distogliere l’attenzione dal canto (di Casella), ed avviarsi verso il pendio (del monte), come chi si avvia senza sapere dove vada a finire né la nostra partenza fu meno veloce.

Fonti: parafrasidivinacommedia.jimdo.com

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