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Parafrasi – Canto 27° – Purgatorio – Divina Commedia

In quella posizione nella quale manda i suoi primi raggi sulla città (là: a Gerusalemme) nella quale il suo Creatore sparse il sangue (per la salvezza degli uomini), mentre l’Ebro si trova (cadendo) sotto la costellazione della Libra alta nel cielo, e le acque del Gange sono riarse dal calore del mezzogiorno, in questa posizione si trovava il sole nel purgatorio; per la qual cosa il giorno tramontava, allorché ci apparve l’angelo di Dio splendente di gioia. Stava sull’orlo della cornice al di fuori del fuoco, e cantava « Beati i puri di cuore! (la sesta beatitudine evangelica: cfr. Marteo V, 8) » con una voce assai più chiara di quella umana. Poi « Non si può procedere oltre, anime sante, se prima il fuoco non fa sentire il suo morso: entrate in esso, e ascoltate il canto che si ode al di là delle fiamme », ci disse non appena gli fummo vicino: per la qual cosa io, quando intesi le sue parole, divenni pallido e gelido come un cadavere (qual è colui che nella fossa è messo). Tenendo con le mani giunte il mio corpo piegato indietro mi protesi in avanti (con lo sguardo), scrutando il fuoco e immaginando con estrema lucidità corpi umani già veduti bruciare sul rogo. Le mie valenti guide si volsero verso di me: e Virgilio mi disse: « Figlio mio, nel purgatorio può esserci tormento, ma non morte. Ricordati, ricordati! E se io ti ho guidato in salvo persino sul dorso di Gerione, che cosa non farò ora che sono più vicino al mondo della Grazia? Sappi per certo che se anche tu rimanessi ben mille anni in mezzo a questo fuoco, esso non potrebbe privarti neppure di un capello. E se tu forse credi che io ti inganni, avvicinati alla fiamma, e fatti dare una prova (della verità delle mie parole) dal lembo della tua veste (accostandolo al fuoco) con le tue mani. Deponi ormai, deponi ogni timore: volgiti da questa parte: vieni ed entra sicuro!» Ed io ostinatamente fermo e ciò contro la voce della coscienza (che mi comandava di ubbidire a Virgilio). Quando mi vide continuare a stare fermo e duro, un poco turbato, disse: « Pensa ora, figlio: solo questo ostacolo ti divide da Beatrice ». Come Piramo morente aperse gli occhi davanti a Tisbe che gli gridava il proprio nome, e la guardò, nel momento in cui il gelso divenne vermiglio, (rianimandomi) allo stesso modo, mentre la mia ostinazione cedeva, mi volsi verso la mia saggia guida, udendo il nome di Beatrice che mi risorge sempre nella mente. Per questo egli scosse il capo e disse: «Come! ce ne vogliamo ancora star di qua?»; poi sorrise come si sorride al bambino che si lascia convincere con la promessa di un frutto. Poi entrò nel fuoco davanti a me, pregando Stazio di venire dietro, mentre prima ci aveva diviso per un lungo tratto di cammino (procedendo in mezzo a noi). Non appena mi trovai in mezzo alle fiamme, mi sarei gettato in un vetro incandescente per rinfrescarmi, tanto smisurato era il calore lì dentro. Il dolce padre, per confortarmi, continuava a parlare sempre di Beatrice, dicendo: « Mi sembra già di vedere i suoi occhi». Ci guidava una voce che cantava dall’altra parte del fuoco; e noi, prestando attenzione solo a lei, giungemmo fuori della fiamma nel punto in cui si riprendeva a salire. « Venite, o benedetti del Padre mio (le parole che Cristo rivolgerà agli eletti: cfr. Matteo XXV, 34) », risuonò dentro una luce lì apparsa, così abbagliante, che sopraffece la mia vista e non la potei guardare. « II sole tramonta » soggiunse, « e scende la sera: non vi fermate, ma affrettate il passo, finché la parte occidentale del cielo non diventi completamente buia. » La scala scavata nella roccia saliva diritta verso levante cosicché io interrompevo davanti a me (con la mia ombra) i raggi del sole ormai basso all’orizzonte. E avemmo il tempo di sperimentare pochi gradini di quella scala, che io e le mie guide ci accorgemmo che il sole era tramontato dietro alle nostre spalle, per il fatto che l’ombra (proiettata dal mio corpo) era scomparsa (con lo scomparire del sole). E prima che l’orizzonte avesse assunto in tutta la sua estensione, un medesimo colore (diventando scuro), e la notte avesse occupato (con le sue tenebre) tutte le zone a lei assegnate, ciascuno di noi si coricò su un gradino; poiché la legge particolare del monte (in base alla quale è vietato salire dopo il tramonto del sole: cfr. canto VII, 43-57) ci tolse la possibilità e la gioia di salire oltre. Quali rimangono tranquille a ruminare le capre, che sono apparse scattanti e ardite sulle balze del monte prima di essersi satollate, sorvegliate dal pastore mentre se ne stanno silenziose all’ombra, intanto che il sole arde (ferve: intorno al mezzogiorno), e il pastore si è appoggiato sul suo bastone e, anche stando così appoggiato, continua a fare loro la guardia; e quale il custode della mandria che rimane lontano dall’abitato, passa la notte accanto al suo gregge addormentato, vigilando perché qualche animale predatore non lo disperda, allo stesso modo ce ne stavamo allora tutti e tre, io (prossimo al sonno e tranquillo) come una capra, ed essi (pronti a vigilare) come i pastori, chiusi e protetti da una parte e dall’altra dall’alta parete della roccia. Da lì si poteva scorgere solo una piccola parte di cielo; ma, per quel poco (che era possibile osservare), io vedevo le stelle più luminose (per la trasparenza e la finezza dell’aria a quell’altezza) e più grandi (per il fatto che sono guardate dalla cima dell’alto monte del purgatorio) del solito. Così pensando e fissando lo sguardo sulle stelle, fui preso dal sonno; quel sonno che spesso preannuncia gli eventi futuri, prima che essi effettivamente accadano. Nell’ora (che precede l’alba), credo, durante la quale dall’oriente cominciò a splendere sul monte del purgatorio il pianeta Venere (Citerea), che pare sempre ardere del fuoco d’amore, in sogno mi pareva di vedere una donna giovane e bella, che andava cogliendo fiori in una distesa erbosa, e che cantando diceva: « Chiunque domanda il mio nome sappia che io sono Lia, e vado muovendo intorno a me le mie belle mani per farmi una ghirlanda. Qui io mi adorno (di fiori) per potermi compiacere guardandomi allo specchio; ma mia sorella Rachele non distoglie mai l’occhio dal suo specchio, e sempre siede davanti ad esso. Ella è tanto, desiderosa di contemplare i suoi begli occhi, come io di adornarmi con le mie mani; lei trova il suo appagamento nel contemplare, ed io nell’operare». E già per il chiarore dell’alba, il quale sorge tanto più gradito ai pellegrini, quanto più, nel ritorno, hanno pernottato vicino al luogo natio, le tenebre fuggivano da tutte le parti (lati), e con esse scompariva il mio sonno; per cui io, vedendo i due grandi maestri già in piedi, mi alzai. « Quel dolce frutto della felicità che per tante vie gli uomini vanno cercando affannosamente, oggi placherà tutti i tuoi desideri. » Virgilio disse queste solenni parole rivolto a me; e non ci furono mai buone novelle che mi procurassero un piacere uguale a quello che allora provai. Un così grande desiderio mi si aggiunse al precedente desiderio di pervenire sulla cima, che poi ad ogni passo mi sentivo crescere lo slancio per la salita. Dopo aver compiuto di corsa tutta la scala sotto di noi ed essere giunti sul gradino più alto, Virgilio fissò intensamente i suoi occhi su di me, e disse: « Figlio, hai visto le pene temporanee (del purgatorio) e quelle eterne (dell’inferno); e sei giunto in un luogo dove io con le mie sole forze non distinguo più oltre (il cammino). Ti ho condotto fin qui con l’intelligenza e con l’applicazione pratica di essa; prendi ormai per guida la tua naturale inclinazione (che ti porterà verso il bene): sei fuori dalle vie ripide, sei fuori dalle vie strette (cioè: ogni difficoltà è stata superata). Vedi il sole che ti illumina la fronte; vedi l’erbetta, i fiori e gli arboscelli, che qui la terra produce spontaneamente. Finché non ti appariranno per farti gioiosa accoglienza i begli occhi di Beatrice, i quali, con le loro lagrime, mi mossero a venire in tuo aiuto, ti puoi sedere e andare tra gli alberi e i fiori. Non attendere più le mie parole né i miei gesti: il tuo volere è ormai libero dalle passioni rettamente volto verso il bene e guarito dai suoi mali, e sarebbe errore non assecondarlo: perciò io ti costituisco signore e guida di te stesso ».

Fonti: parafrasidivinacommedia.jimdo.com

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