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Parafrasi – Canto 10° – Paradiso – Divina Commedia

Il primo ed ineffabile valore guardando nel suo figlio [Cristo] unitamente allo spirito Santo che procede con eterno spiro dal padre e dal figliuolo, fece con tanto ordine tutto ciò che s’intende e si vede, che chiunque consideri quest’ordine non può non sentirne il buono e il bello. Alza dunque meco, o lettore, gli occhi della tua mente verso il sole e specialmente in quella parte del cielo dove il girar delle stelle fisse s’incontra col girare del sole e dei pianeti; e lì comincia a mirare con diletto nel magistero di Dio che lo ama tanto dentro di sé, da mirarlo sempre con compiacenza. Vedi come dall’equatore si diparte lo zodiaco che porta i pianeti per soddisfare ai bisogni del mondo che li desidera, affine di partecipare della influenza loro. E se il giro dei pianeti non fosse obliquo non influirebbe sulla terra e per la privazione degli influssi celesti, sarebbe morta ogni attività nella terra. Ora, o lettore, rimani quieto nel banco ove stai leggendo queste mie rime andando indietro col pensiero a quelle cose delle quali non si dà qui che un piccolo cenno, se vuoi che questa lettura ti diletti assai, anziché tediarti e stancarti. Ti ho imbandita la mensa del pane della vita e dell’intelletto; ormai cibati da te stesso perché quella materia, della quale io scrivo, a sé richiama tutta la mia cura e vuol che a lei ritorni. Il più grande ministro della natura [il sole], il quale imprime i mondani corpi a lui sottoposti della virtù celeste, e col suo lume ci dà la misura del tempo, congiunta con quella parte dello zodiaco [la costellazione dell’ariete] della quale si è detto di sopra [v. 9] si girava per quei gradi nei quali nasce all’Italia nostra sempre più presto; ed io era col sole, ma non mi accorsi nel salire che io faceva con esso, se non come uno si accorge del suo venire in un luogo, prima che vi abbia rivolto il primo pensiero. – E Beatrice è quella che così ne guida, di bene in meglio e così subitaneamente che il suo operare è istantaneo. – Per quanto adoprassi ingegno ed arte e destrezza acquistata con l’uso, non potrei dire in modo da darne agli altri un’idea, quanto dovevano esser lucenti le anime gloriose che stavano dentro al sole ove io entrai, giacché mi apparivano non per distinto colore, ma in forza di una luce maggiore di quella del sole stesso; ma si può credere e desiderare di vederlo in Paradiso. E se i concetti della nostra fantasia sono troppo bassi rispetto a tanta altezza, non è meraviglia, perché nessun occhio mortale vide mai una luce che soverchiasse quella del sole. Tale era dentro al sole la quarta famiglia del divino Padre, che sempre la fa beata, mostrando come la prima e la seconda persona della Trinità spirino la terza, e come la prima persona generi la seconda. E Beatrice cominciò: «Ringrazia il sole degli Angeli [Dio] che, per sua grazia, ti ha sollevato a questo sole sensibile». Nessun cuore di uomo mortale fu mai così disposto a devozione, né fu mai cotanto pronto a rendersi a Dio con tutto il piacere, come io diventai a quelle parole di Beatrice, e in modo tale si volse a Dio tutto il mio cuore, che Beatrice mi si oscurò nella mente. A Beatrice però non spiacque che io l’avessi dimenticata, ma fece un tal sorriso di compiacenza che lo splendore dei suoi occhi ridenti scotendomi, divise a più cose l’attenzione della mia mente, che prima era tutta raccolta in Dio. Io vidi più fulgori vivi e vincenti la luce del sole far di sé un circolo di cui noi occupammo il centro, nei quali la dolcezza del canto era di grado maggiore alla loro lucentezza, onde era vinto il sole. Così talvolta vediamo una fascia cinger la figlia di Latona [la luna] quando l’aere è così pieno di vapore che ritenga in sé i colori che forma questa striscia [l’alone della luna]. Nelle coste del cielo, donde io ritorno, si trovano molte gioie tanto care e belle che non si possono comprendere, e il canto di quelle anime risplendenti era una di quelle care gioie: chi non si fornisce di tali per volare lassù non aspetti qui in terra da uomo alcuno, notizie delle cose del cielo, ché sarebbe lo stesso che aspettar notizie da un muto. – Poiché così cantando quegli spiriti lucenti come altrettanti soli, si furono girati tre volte intorno a noi, come si aggirano le stelle intorno ai soli fissi; mi parvero simili a donne che ballano ancora ma però che stanno ferme ed ascoltanti in silenzio, finché abbiano raccolte le nuove parole che si cantano; e dentro ad uno di quei soli sentii cominciare: «Giacché il raggio della grazia, onde vi accende il vero amore il quale va sempre crescendo a misura che si ama, accresciuto sovra il naturale valore, tanto splende in te che ti conduce per la scala del Paradiso, d’onde nessuno discende senza poscia risalirla; qualunque anima beata ti negasse la cognizione che desideri avere e che ella può darti, sarebbe in quello stato di violenza in cui è l’acqua che sia impedita di correre al mare. Tu vuoi sapere da quali anime si producono gli splendori che adornano questa corona la quale, aggirandosi intorno, mira con diletto la bella donna che ti avvalora a salire in cielo. Io fui degli agnelli del santo gregge che Domenico guida per un cammino per il quale ben si acquista virtù e grazia, se non si va dietro alla vanità. Questi che a destra mi è più vicino, mi fu fratello e maestro, ed esso è Alberto di Colonia ed io sono Tommaso d’Aquino. Se tu vuoi accertarti di tutti gli altri, segui le mie parole, girando gli occhi per questa corona da uno in un altro splendore. – Quell’altro fiammeggiante splendore esce dal gaudio di Graziano [monaco benedettino] che aiutò il foro civile e l’ecclesiastico, la cui opera è tanto accetta in Paradiso. – L’altro, che appresso adorna il nostro coro, fu Pietro Lombardo [fu vescovo di Parigi] che, a somiglianza della vedova povera del Vangelo, offrì il suo tesoro alla santa Chiesa. – La quinta luce, che fra noi è la più bella, è raggiata da un’anima innamorata così famosa che tutto il mondo brama averne notizia. Entro v’è quell’anima sublime in cui fu infusa così profonda sapienza che, se è vera la verità, non sorse un altro uomo di tanta intelligenza. Vedi appresso alla luce di quel cero il quale, essendo ancora nel corpo mortale, vide più addentro nella natura e nel ministero degli angeli. – Nell’altra piccola luce gioisce della sua beatitudine quell’avvocato dei tempi cristiani [è probabilmente Paolo Orosio] della cui dottrina si servì S. Agostino. Ora se fai scorrere l’occhio della tua mente da una in un’altra luce, dietro a ciò che ti dico in lode di loro, già rimani in desiderio di sapere dell’anima beata che si nasconde nell’ottavo splendore. Per la vista che ha di Dio dentro alla luce gode quell’anima santa che ha manifesta la fallaccia del mondo a chi ode le dottrine di lei. Il corpo, dal quale essa fu cacciata, giace in terra sepolto in Cieldauro [questa è l’anima di Severino Boezio; giace nella Chiesa di San Pietro, detta Ciel d’Oro, in Pavia] ed essa, dalle terre del martirio e dall’esilio, venne a questa pace. Vedi più in là fiammeggiare l’anima risplendente d’Isidoro [vescovo di Siviglia], di Beda [venerabile sacerdote, scrittore inglese] e di Riccardo [da S. Vittore, scozzese che scrisse molte opere teologiche] che, nelle sue considerazioni e ricerche fu più che uomo. – Questi, dopo il quale il suo sguardo torna a posarsi su me da cui cominciò, è il lume di uno spirito che, meditando sulla vanità e le miserie della vita, gli parve indugiar troppo a lasciarla. Essa è la luce eterna di Sigieri [maestro di teologia a Parigi] che, tenendo cattedra nella via detta degli strami, sillogizzò verità che gli partorirono odio». Indi, come orologio che ci chiama nell’ora che la Sposa di Gesù Cristo sorge a cantare la lodi mattutine al mio divino sposo, per meritarne l’amore, che [l’orologio] tiene la parte posteriore della ruota e spinge la parte anteriore di essa sonando tin tin con sì dolce armonia, che lo spirito ben disposto a pregare Dio si sveglia e s’empie d’amore, così io vidi il cerchio di quelle anime gloriose muoversi in giro e rendere canto a canto in tal modulazione e con tanta dolcezza che non si potrebbe concepire, se non dove il gioire è eterno.

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