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“Alla luna” di G. Leopardi – Parafrasi, struttura, analisi e commento

Alla luna

Testo

O graziosa luna, io mi rammento

Che, or volge l’anno, sovra questo colle

Io venia pien d’angoscia a rimirarti:

E tu pendevi allor su quella selva

Siccome or fai, che tutta la rischiari.

Ma nebuloso e tremulo dal pianto

Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci

Il tuo volto apparia, che travagliosa

Era mia vita: ed è, né cangia stile,

0 mia diletta luna. E pur mi giova

La ricordanza, e il noverar l’etate

Del mio dolore. Oh come grato occorre

Nel tempo giovanil, quando ancor lungo

La speme e breve ha la memoria il corso,

Il rimembrar delle passate cose,

Ancor che triste, e che l’affanno duri!

Parafrasi

Oh leggiadra luna, io mi ricordo

che, si compie adesso un anno, sopra questo colle

da quando venivo pieno d’angoscia a contemplarti:

E tu stavi allora su quella selva

Come fai ora, che tutta la rischiari

Ma ai miei occhi il tuo volto appariva

velato, offuscato e tremulo a causa delle lacrime

che mi bagnavano gli occhi,

perché la mia vita era travagliata, piena di tormenti e continua ad esserlo né cambia stile

o mia diletta luna. E tuttavia mi procura piacere

il ricordo, e il richiamare alla memoria il tempo

del mio dolore. Oh com’è gradito

negli anni della giovinezza, quando la speranza ha dinanzi a sé una lunga serie di anni

e invece breve è il passato da ricordare,

ricordare gli eventi passati,

sebbene(il ricordo) sia doloroso, e le sofferenze durino ancora e ci facciano soffrire.

Struttura

Il testo si compone di 16 endecasillabi sciolti, distribuiti in quattro periodi sintattici. Il terzo (vv.10-12) inizia e finisce a metà di un verso, il che introduce nell’andamento della poesia una variante ritmica, rafforzata da enjambements con evidente valore espressivo (soprattutto al v. 13/14: quando ancor lungo/la speme e breve ha la memoria il corso). Le caratteristiche del linguaggio accostano questo idillio all’ Infinito ; nel lessico ricorrono le parole tematiche “mi rammento”, “ricordanza”, “memoria”, “rimembrar”, così come nell’Infinito ricorrono “infinito”, “interminati”, “immensità”.

I versi 13-14 non erano presenti nelle edizioni del 1825 e del 1831, ma comparvero soltanto nell’edizione postuma curata da Antonio Ranieri nel 1845. È dunque verosimile che si tratti di un’aggiunta operata dal poeta negli ultimi anni di vita.

Possiamo dividere l’idillio in 2 parti principali (vv. 1-10, vv. 11-16). Tale suddivisione è evidenziata dall’anafora “O graziosa luna/O mia diletta luna” che oltre a sottolineare i caratteri di questa dolce immagine chiude circolarmente l’idillio. La prima è a sua volta divisa in 2 sezioni: la prima (vv. 1-5) riguardante lo spazio, la seconda (vv. 6-10) riguardante il tempo.

vv.1-5 equilibrio spaziale: spazio finito, rappresentato dalla selva illuminata da una luce velata e dal colle Tabor, e spazio infinito, rappresentato dalla luna che dall’alto tutto illumina con una luce ovattata e lattiginosa, velata dalle lacrime che scendono dagli occhi piangenti; il mondo infinito esercita uno straordinario fascino sul mondo finito e limitato

vv. 6-10 equilibrio temporale: il momento presente che mette in moto il ricordo del tempo passato; fra i due momenti sembra non esserci frattura: è passato un anno ma non è cambiato nulla: il dolore è sempre lo stesso. Anche se nella gioventù grande è ancora la speranza e la fede in un futuro roseo e appagante e poche le cose da ricordare visto l’ancor breve corso dell’esistenza, quasi familiare è già la sensazione di dolore che avvolge l’anima del poeta in un’atmosfera ormai nebulosa e travagliosa.

vv. 10-16 la ricordanza: il noverar, il rimembrar il passato e l’età del dolore “giova”, è dolce ricordare nella gioventù le cose passate anche quando sono tristi e la loro tristezza non si è ancora spenta ma dura tuttora nel presente avvolgendo tutta l’esistenza in un travaglio che dura infinito anche quando il cammino della vita futura è ancora lungo e pieno di speranza e le cose da ricordare sono ancora poche.

Analisi 1

Nella poesia Alla luna troviamo il tema del ricordo, che dà all’uomo il senso di continuità fra passato e presente e gli permette di esercitare la facoltà poetica più importante, cioè l’immaginazione. Il momento presente mette in moto il ricordo del tempo passato; fra i due momenti sembra non esserci frattura: è passato un anno ma non è cambiato nulla: il dolore è sempre lo stesso. Il v. 9 esprime proprio questo rapporto passato/presente con i due verbi “era” e “è”. Anche se nella gioventù grande è ancora la speranza e la fede in un futuro roseo e appagante e poche le cose da ricordare visto l’ancor breve corso dell’esistenza, quasi familiare è già la sensazione di dolore che avvolge l’anima del poeta in un’atmosfera ormai nebulosa e travagliata.

Analisi 2

Il poeta affida ad una “graziosa luna” le essenze del suo animo in una condizione di pessimismo storico, in una condizione in cui “grato occorre il rimembrare delle passate cose, ancor che triste”. Quando un dolore ci affligge, quando non si è appagati da ciò che la vita ha offerto, quando il nulla sembra pendere sull’anima, la speranza è l’unico monito che fa risorgere, ed innalzare dalle depressioni dell’esistenza; ma quando gli anni portano via con sé anche l’ultimo barlume di “speme”, il dolore è dolore, e nulla lo può attenuare. Ed è per questo che solo il ricordo dell’età giovanile si può insinuare pacato nell’animo di chi non ha più la forza di sperare, di attendere le gioie che verranno e di trarre dall’attesa, il proprio attimo di felicità. Alla luna è per tale motivo, opposto al grande idillio “A Silvia”. Ciò che separa le due opere è la consapevolezza dell’arido vero(operette morali), dell’infinita vanità del tutto, che spegne la speranza e rende il ricordo disperazione per il presente. Il Leopardi dei piccoli idilli, ed in questo caso di “Alla Luna”, si rifugia sul monte Tabor, su quel colle che a lui dava la percezione dell’infinito, per lasciarsi accarezzare dal ricordo del tempo in cui era convinto che il domani sarebbe stato migliore. L’attesa è motivo di serenità proprio come nel “sabato del villaggio”, in cui il messaggio del poeta è di non lasciarsi travolgere dallo sconforto, se la festa della vita giunge a tardare, poiché “tristezza e noia” recheranno le ore del domani. Solo perdendosi negli scenari della notte, il leopardi riesce a trasfondere le sue emozioni. La luna è una donna graziosa e diletta che s’inchina ad alleviare il pianto umano,dolce e lenitrice di dolore, scende a rischiarare la selva, a ridare nuovo vigore alla luce degli occhi del poeta velati dal pianto. Non vi è solo predilezione per i notturni lunari, ma un crollare nelle braccia di chi dà affetto, un espandere tutt’intorno i segreti del suo essere uomo. Serpeggia nel tessuto dell’opera leopardiana un’immagine di donna che vuole essere madre: anche il critico Amoretti, svolgendo un’analisi psicanalitica del poeta in questione, individua talune immagini che confermano l’onnipresenza di una madre che dà sicurezza. La luna è senz’altro una di queste immagini, la luna che presenta tutti gli attributi prima elencati; a ciò si aggiunge il colle, lo stesso dell’infinito, che dipinge sul telo dell’opera, i seni materni, gli stessi che ci danno sicurezza e protezione, che ci preservano dai prematuri colpi della vita. Dolcezza e pacatezza sono gli attributi dello stile del piccolo idillio. Lì dove c’è il ricordo, una luna che è madre, lo stile non può che rispondere con lievi ed ovattate atmosfere. Da un punto di vista fonico, colpisce il ricorrere frequente della consonante “l”: ( luna-volge-colle-allor- selva- nebuloso- tremulo- dolore- diletta), che ricrea un’atmosfera d’intimità e di pacato raccoglimento. Si notano inoltre varie “n” che immergono il poeta e il lettore nella quiete della notte e del ricordo. Ai versi della notte si aggiungono i versi della speranza nel ricordo, in cui si nota un ricorrere di “a” (ricordanza, noverar, etate). Il lessico è pervaso da termini che fonicamente e semanticamente esprimono la pace che il poeta assapora nel perdersi nelle atmosfere del passato (luna, colle, selva, luci, ricordanza, memoria, etate) ( –fonosimbolismo-). Trova spazio in tali versi la poetica della ricordanza con il ricorrere dei verbi di memoria (mi rammento, rimembrar- verbo sostantivato, noverar) e di sostantivi quali ricordanza. Vi sono aggettivi (graziosa, nebuloso, tremulo, travagliosa) che non soffocano l’immaginazione del poeta, cosicché anche l’infinito è accessibile ai suoi sensi; quindi gli attributi considerati mancano di qualsiasi concretezza e plasticità. Notevole è l’opposizione tra la speme e la memoria, il cui corso è per la prima lungo, per la seconda breve:a due termini che evocano immagini suggestive si uniscono attributi astratti ed indefiniti in accordo con la poetica leopardiana (raggiungimento dell’infinito che la realtà preclude all’uomo). Vi sono inoltre numerosi aggettivi possessivi che indicano l’intimità e la confidenza tra l’io e la luna (i due protagonisti). Dalla descrizione degli stati d’animo del poeta dinanzi alla luna, si giunge alla riflessione sul valore del ricordo della gioventù. Il passaggio è brusco: una cesura separa le due parti, che sono comunque poste in continuità dalla congiunzione “e”, che apre la seconda sezione dell’idillio e dalla sinalefe (luna). Quindi la struttura è unitaria, tant’è che ciascun periodo si apre con una preposizione congiuntiva: ma, e, oh, o; così anche la sintassi è alquanto lineare. Un’altra immagine retorica è data dall’identificazione della luna con la madre del poeta, metafora che esprime il senso profondo della psiche leopardiana. Per quanto riguarda il livello metrico, l’idillio consta di 16 endecasillabi sciolti; nel verso 10 la cesura prima menzionata separa all’interno del verso un settenario, che chiude in maniera circolare la prima sezione. Vi sono vari enjambements (v1-2-4-6-7-8-10-11-12-13) che rendono il ritmo estremamente fluido e pervaso da una segreta musicalità. Ciò che colpisce maggiormente è che gli enjambements mettono in posizione di rilievo, alla fine o all’inizio del verso, le parole chiavi del brano: rammento, colle, selva, pianto, luci per occhi, travagliosa, ricordanza, noverar l’etate del mio dolore, tempo giovanil, speme. Le cadenze musicali sono date anche dalla libertà metrica, con la presenza libera di rime anche interne: nebuloso-tremulo. Tutti gli elementi sottolineati rappresentano una pedina del mosaico chiamato “piccolo idillio”: in”Alla luna”, nascono e si espandono gli aneliti di vita, di speranza, di felicità, che ancora invadono gli orizzonti leopardiani. Nella vita del Leopardi dei piccoli idilli un istante di gioia infinita o d’immenso dolore giovanile sono fonte di pacati e dolci ricordi, che aiutano a sopravvivere nel mondo delle illusioni.

Analisi 3

La lirica “Alla luna”, scritto probabilmente nel 1819, fa parte dei “Piccoli idilli”, ovvero cinque testi comprendenti anche “L’infinito”, “La sera del dì di festa”, “Il sogno” e “La vita solitaria”. Questi sottolineano il passaggio di Leopardi verso dei componimenti di carattere soggettivo ed esistenziale, in contrapposizione al significato civile e tendenzialmente oggettivo delle contemporanee canzoni. In questi anni il poeta vive una condizione di pessimismo definito “storico”, poiché le sue radici risalgono al sensismo settecentesco nel quale la natura umana è predisposta verso il piacere infinito, solo che questa insopprimibile tensione si scontra con l’impossibilità di realizzarsi, portando così nell’uomo dolore, noia e insofferenza. Gli idilli dunque esprimono una condizione interiore, soggettiva, che si collega ad un bisogno di interrogazione e riflessione, rendendo di conseguenza anche lo stile più intimo e colloquiale. Infatti Leopardi rivolge due allocuzioni alla luna sua confidente: la prima nel verso iniziale, “Graziosa luna”, piuttosto fredda e formale, ma che con l’avanzare del dialogo diventa progressivamente più stretta e intima grazie anche all’uso del pronome possessivo, “Mia diletta luna” al verso 10. Il colloquio con la luna è un tema tipicamente preromantico nel quale il poeta, ritornando esattamente un anno dopo (“or volge l’anno) la sua ultima salita sul monte Tabor e rendendo nuovamente l’astro suo confidente, confessa le proprie angosce e inquietudini. In questo idillio la trasfigurazione della realtà attiva il motivo della rimembranza: il poeta ricorda di aver vissuto un anno angosciante come il presente, però la rimembranza è un’esperienza piacevole e comunque consolatoria, anche se gli oggetti del ricordo sono spiacevoli. Quindi il piacere degli anniversari sommato al piacere doloroso dei ricordi danno come risultato in Leopardi un potenziamento della propria vitalità psichica. “E pur mi giova” dice il poeta al verso 10 riferendosi al ricordo; con questo latinismo il poeta richiama la lezione di Pietro Bembo e la sua convinzione di Petrarca come modello lirico per eccellenza, ma, dimostrando la sua adesione sentimentale all’età degli antichi, richiama anche “l’Ultimo canto di Saffo”, testo conosciuto all’interno della biblioteca del padre.

La luna è spesso scelta come rappresentante dell’indefinito perché con la sua luce illumina la realtà circostante, ma i contorni restano sfumati e non ben delineati, per questo era concepita dagli antichi come portatrice di illusioni benefiche. Il termine al verso 4 “pendevi” appartiene al lessico dell’indefinito, infatti rende l’idea di qualcosa che sfugge a ogni significato preciso; inoltre Leopardi richiama gli stessi suoni di espressione del verso precedente,“pien d’angoscia” , in modo da creare omofonia e musicalità.

Nell’idillio “l’Infinito” , l’elemento che suscita nel poeta il senso dell’indefinito dello spazio è la siepe, la quale impedisce al poeta di vedere cosa si trova di fronte a lui, permettendogli così di immaginare sterminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete, tanto da provare sensi di smarrimento e paura. Intanto, udendo stormire le foglie mosse dal vento, il poeta pensa all’eternità, al tempo passato e quello presente, che sente vivo nel fruscio delle foglie. Così, tra queste immensità di spazio e di tempo si prede il suo pensiero, dicendo che “il naufragar gli è dolce in questo mare”. Poetica del vago e dell’indefinito si sviluppa in questo componimento attraverso l’immaginazione, mentre nell’idillio “Alla luna” attraverso la rimembranza.

Commento 1

La tematica del ricordo

Il tema che domina la lirica è quello tipicamente leopardiano della rimembranza, che è anche il titolo originario della lirica: ricordare il passato, anche se doloroso, è fonte di piacere, perché se ne rievocano le illusioni. Il poeta osserva la luna, simbolo della forza rasserenatrice della natura, e le parla come ad una creatura cara. Egli rammenta che anche l’anno prima era salito su quel colle, ma il volto della luna era apparso tremolante ai suoi occhi velati di pianto. Nulla è cambiato da allora, il suo animo è ancora ricolmo di sofferenza, eppure ricordare il dolore di allora gli arreca sollievo.

Le caratteristiche dello stile

Il componimento può essere diviso in due sezioni. Nella prima (vv. 1-10) il poeta rievoca l’angoscia, il pianto e la propria immutata situazione. Nei primi cinque versi prevale la funzione persuasiva della lingua con l’invocazione alla luna (O graziosa luna), poi gradualmente si afferma la componente emotiva (Ma nebuloso e tremulo dal pianto…). In particolare l’enjambement dei versi 8-9 conferisce forza connotativa all’aggettivo (travagliosa / era mia vita) e dà rilievo al dolore: è più importante il carattere “travagliato” della vita che la vita in sé medesima. In questa scelta stilistica emerge la tendenza tipicamente leopardiana e romantica a considerare il dolore come valore assoluto. Il verso 9, nella sua rapida sintesi dell’immutato tormento del poeta (era mia vita: ed è, né Cangia stile), corrisponde al momento di maggiore drammaticità. Nella seconda sezione (vv. 10-16) la riflessione sulla dolcezza del ricordo trasforma l’angoscia in malinconia e chiude in perfetta simmetria la lirica, riprendendo nel verso 15 il motivo della ricordanza (il rimembrar delle passate cose) introdotto nell’incipit (O graziosa luna, io mi rammento).

Commento 2

Il chiarore lunare è fissità, luminosità pervasiva e bellezza struggente della natura, poiché in piena notte ridona alla terra la suggestione della luce . Il giovane Leopardi, attento osservatore di queste atmosfere, non può che esserne estasiato, intenerito fino alle lacrime. La notte infatti, con la sua quiete, rasserenante e fascinosa, pare invitare ad un dialogo intimo con la Natura, pare suggerire un rapporto di pienezza tra l’uomo e le cose altrimenti negato. Leopardi vive questo momento particolarmente intenso della sua sensibilità come idillio, cioè come avventura storica dell’animo, confrontandolo con un altra situazione emotivamente simile. Il confronto è capace di chiarire le ragioni del persistere della speranza negli adolescenti davanti a spettacoli di intensa bellezza, che suggeriscono un’attesa, seppur vaga ed indistinta, di possibile futura felicità.

L’idillio fu composto a Recanati nel 1819 e pubblicato prima nel “Nuovo Ricoglitore” e poi, con il titolo La ricordanza, nell’edizione bolognese dei Versi del 1826. Nell’edizione fiorentina del 1831 fu pubblicato con il titolo attuale.

A distanza di un anno il poeta torna a contemplare la luna che pende sul monte Tabor e la notte lunare rinnova la stessa sensazione di commozione di fronte alla natura, provata nella passata circostanza. Anche allora la sagoma della luna, il suo volto diafano gli appariva “nebuloso e tremulo” per le lacrime che gli sgorgavano dagli occhi, perché la vita per lui era “travagliosa”, segnata dal dolore come purtroppo è anche ora. Eppure il ricordo del passato, pur nel permanere della sofferenza, gli è di conforto, anche se si accompagna a sensazioni tristi e anche se l’affanno esistenziale ancora dura.

Commento 3

L’idillio “alla luna” si fonda su uno dei temi che più frequentemente ricorrono nella lirica leopardiana: il ricordo, che è per il poeta, fonte inesauribile di poesia e di piacere.

Mentre osserva la Luna che splende nel cielo e illumina il colle Tabor, nei pressi della casa paterna, riaffiora alla memoria del poeta una situazione analoga che ha vissuto l’anno precedente. Anche allora guardava la Luna ma i suoi occhi erano velati di pianto per l’angoscia che lo opprimeva e continua a travagliarlo.

In realtà nulla è mutato ma il ricordo del passato, anche se triste, racchiude in sé una particolare dolcezza. Il tempo infatti sfuma i contorni degli eventi e attenua l’intensità del dolore rendendo ogni cosa vaga, indeterminata.

Poiché per Leopardi, tutto ciò che appare infinito, senza limiti precisi procura piacere, ecco che il ricordo, sia pure di eventi tristi, risulta dolce e gradevole, proprio perché è sfumato e incerto.

La poesia si articola in due sezioni ciascuna delle quali è costituita da due periodi:

• La prima sezione (versi 1-10),è occupata dal ricordo del passato ed è percorso da una nota di malinconia. Infatti il poeta rievoca l’immutabilità della sua condizione (versi 8-9).La sezione si apre e si chiude con una invocazione alla Luna: verso 1 “o graziosa Luna” e verso 10 “o mia diletta Luna”.Il componimento rispecchia la prima fase del pessimismo leopardiano quando la natura appare agli occhi del poeta come una madre benigna e confortatrice. Infatti tutti i termini riferiti alla Luna hanno connotazione positiva e le sue immagini comunicano sensazioni di vastità e di luminosità.

• Nella seconda parte (versi 10-16) predomina la riflessione del poeta sulla funzione consolatrice del ricordo e sulla dolcezza che dal ricordo può scaturire.

“Ricordanza” (11),”memoria” (14),”noverar l’etate” (11),”rimembrare”…sono tutte parole legate al tema del ricordo che sfuma al ricordo delle cose trasformando il presente in dolce malinconia.

Secondo Leopardi il compito della poesia è suscitare nel lettore il piacere dell’immaginazione. Tale piacere nasce dal vago, dall’indefinito, dall’indeterminato e può essere conseguito mediante alcune scelte tematiche ed espressive.

Scelte tematiche

È poetico per Leopardi qualunque oggetto o luogo che susciti rimembranza perché ogni ricordo ha contorni indefiniti e vaghi.

“Un oggetto qualunque, per esempio un luogo, un sito, una campagna, per bello che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetico” – G. Leopardi.

Commento 4

L’idillio è tutt’uno, in ogni sillaba, con la rimembranza, cioè con il ricordo delle contemplazioni passate. Il poeta contempla la luna dalla cima del monte Tabor e ricorda che allo stesso modo saliva a contemplarla l’anno precedente e che il volto dell’astro appariva nebuloso e tremulo attraverso le sue lacrime; nè minori o diverse sono oggi le sue pene. Eppure come dolce e gradito è negli anni giovanili il ricordo di ogni cosa passata ancora che triste e che l’affanno continui.

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